Da Paul Hazard, La crise de la conscience Europeenne (1935), trad. it Einaudi 1946 p. 483: Che cos’è l’Europa? Una forma contraddittoria, a un tempo rigida e incerta. Un groviglio di barriere e, davanti a ciascuna di esse, persone il cui mestiere è di chiedere i passaporti  e di far pagare dazi: tutti ostacoli alle comunicazioni fraterne. Campi di cui si costruiscono così bene le difese che non si ha più il tempo di coltivarli: non c’è arpento di terreno che non sia stato conteso da secoli, e che ciascun possessore non cinti a sua volta gelosamente. Non vi sono più grandi spazi liberi, tutto è regolato, fissato, delimitato: vi si sta stretti, soffocati: “Sono venuto al mondo osì tardi che solo a stento riesco a trovarvi un po’ di terra per cstruirvi un domicilio e una tomba” (Marana Entretiens d’un philosophe avec un solitaire sur plusieurs matières de morale et d’éerudition, 1696).

Ora queste rigide frontiere vengono di continuo rese incerte perchè vengono modificate dalle conquiste, dai trattati o dalle semplici prese di possesso. Le barriere vengono portate avanti, indietro, soppresse, ristabilite; i geografi non hanno ancora finito di preparare nuove carte, che queste hanno già perduto valore (Journal des Savants, 13 aprile 1693. Intorno all’Etat présent des affaires de l’Europe, 1693). Di interi reami si vorrebbe fare la continuazione di altri reami, in modo che non ci fossero più Pirenei. Donde questa contraddizione interna: L’Europa è un complsto di forme che essa dichiara intangibili, ma che continua senza posa a modificare. [spazio e sue metafore]